Dante e Beatrice

Analisi dell'episodio"emblematico" dell'incontro di Dante e Beatrice nel Paradiso Terrestre (canto XXX del Purgatorio)

E chi volesse vedere con ancora maggiore penetrazione,
chiamerebbe questa Beatrice Amore,tanto è grande la sua
somiglianza con me.

Beatrice che appare a Dante all'età di nove anni e che alla sua ultima età terrena lo conduce sulla soglia dell' Empireo,la donna che ispira il suo primo libro giovanile ( La Vita Nuova) e che egli sceglie a guida nel poema sacro del grande pellegrinaggio umano, resta indissolubilmente legata al poeta nel cuore di ogni lettore.

Dante è riuscito, come il suo amore voleva, a far rifulgere il nome di Beatrice di uno splendore vivo e profondo come pochi altri nomi umani.Ma la luce che si irradia da lei non rende facile conoscerla, poiché si chiude in un mistero che non è agevole penetrare e sfugge di mano come un fantasma inafferrabile a volerla fermare entro i limiti di un simbolo o la psicologia di un personaggio storico.

L'uno e l'altro modo non servono con lei: Beatrice è con Dante in un rapporto molto più intimo e profondo di tutti gli altri personaggi della Divina Commedia, più dello stesso Virgilio. E' una cosa tutta speciale, è un po' l'anima stessa di Dante, la luce della sua anima…per questo bisogna accostarsi a lei con molta delicatezza: la sua poesia è una delle più difficili poiché si tratta di un tema tutto interiore e della "più chiusa stanza dell' animo di Dante e per coglierla è necessario seguire con attento orecchio le indicazioni che il poeta ci dà là dove la sua parola lascia intravedere la segreta roccaforte". Non è cogente ai fini di tale disamina stabilire se Dante, come tutti i poeti stilnovisti, appartenesse o meno alla setta dei cosiddetti Fedeli d'Amore…certo è che l'amore umano di Dante per Beatrice è figura di un amore iniziatico, trascendente e assoluto..mentre tra Dante e Amore esiste una relazione da discepolo a maestro, tra Beatrice e Amore si trova la rassomiglianza, poiché Beatrice è l'involucro corporeo d'Amore(Novalis).

Per Dante l'eros,l'amore è all'origine del mondo e ha infuso in esso, e in particolare nell'uomo, il desiderio di sé, in un perpetuo anelito d'amore, di tensione verso l'Uno ,ed è in questa prospettiva che si può inquadrare la figura grandiosa di Beatrice. Dante, volendo tornare a Dio non vuole certo perdere l'amore per la sua donna, accanto ad un amore infinito vuole conservare anche quello finito…l'uno non deve alienare l'altro…e nel tentativo di portare l'amore per una donna dentro il cuore di Dio, Dante scopre il principio dell'analogia: Dio si fa conoscere attraverso dei segni. Ecco quindi che il poeta ha l'intuizione audacissima di vedere Beatrice in questa prospettiva: egli, attraverso di lei,fa esperienza di Cristo e del Divino.

Beatrice infatti apre e chiude tutto il cammino di Dante uomo e poeta ,fino ad esserne guida nel regno della beatitudine.
Già nella Vita Nuova, testo-itinerarium in cui Dante descrive le diverse fasi dell'innamoramento , Beatrice è da subito la donna amata ed esaltata, perduta e rimpianta ma beata in cielo con gli angeli e viva in terra con la sua anima. Già in queste pagine, tutta l'espressività di Beatrice è concentrata nell'atteggiamento del vultus, nella potenza comunicativa del suo saluto, soprattutto attraverso gli occhi e lo sguardo luminoso…Il saluto della donna amata è fonte di salutem, di beatitudine e di traboccante pienezza interiore, poiché è strumento sensibile, umano, che contribuisce a riformare l'uomo interiore ..Ecco perché il negarlo getta il poeta nello sconforto e nell'angoscia :offesa da voci che procurano a Dante la taccia di vizioso, Beatrice abbassa gli occhi ed elimina la possibilità di ogni comunicazione, anche silenziosa …Lo sguardo dell'amata è un ponte verso il cielo, una scala che solleva,una luce che monda, che redime lo stanco viandante…è l'arma che Dio ha concesso a Dante, nuovo Perseo, per decapitare Medusa che annichilisce e fa peccare.

E infatti quegli occhi tanto amati, che passano il cuore e al di fuori dei quali non c'è
paradiso, tornano a salvarlo nel pieno del suo smarrimento…
Siamo nel vivo della vita del poeta, matura di esperienza, di errori e di dolore:a lui, sull'orlo della morte interiore, Beatrice si muove per portare soccorso, per lui fatto pellegrino, ella è luce e conforto nella via. E quell'antico amore si trasforma così in un legame vivo e profondo che torna con la potenza degli anni trascorsi.
Beatrice appare nel II canto dell'Inferno preannunciandosi già come faro nel lungo cammino attraverso i due regni successivi. E' discesa al Limbo per chiamare Virgilio in aiuto di Dante:" Amor mi mosse che mi fa parlare" ( v.72) : certo, è l'amore inteso in senso assoluto ma è anche soprattutto l'amore di lei per il suo fedele poeta.
Il suo discorso è soffuso di particolare liricità, cosparso di femminile tenerezza e trepidante umanità ch'ella esprime soprattutto con quegli occhi lucenti di lacrime.

E Beatrice ricompare sulla cima del Purgatorio a compiere l'opera che renderà Dante puro per la salita alle stelle.
Questo è veramente il momento centrale della poesia di Beatrice, così come lo è della salvezza del poeta. Ella scende qui cinta dell'autorità della beatitudine in un mirabile trionfo, avvolta in una nuvola fiorita," sotto verde manto vestita di color di fiamma viva" (canto XXX, vv. 32/33), lo stesso vestito rosso con il quale apparve a Dante per le vie di Firenze dieci anni prima! Irrinunciabile concretare tali immagini di straordinaria levità con la celeberrima illustrazione di Doré...


Ma ancora più suggestiva è la lettura dell'immagine di un altro celebre pittore ,William Blake: nel dipinto Beatrice si rivolge a Dante da un carro l'artista coglie in modo sublime il senso allegorico sotteso all'universo dantesco ma nello stesso tempo è inscindibile il legame con il significato profondamente anagogico e che consiste essenzialmente nell'indissolubile rapporto che lega il poeta alla sua donna, a quella fanciulla che resta prima di tutto figura sensibile della Bellezza divina, l'incanto dei sensi messi al servizio della redenzione di un uomo-poeta...

La figura eterea di Beatrice sembra contrastare con i colori vivaci, mobili, accesi del quadro, fondendo in realtà la spiritualità e la fantasmagoria del terreno...Proprio i due estremi, Dante e Beatrice, sembrano cercarsi, venendo così a chiudere il legame tra materia e spirito, terra e cielo, profano e casto ...

Dante, ancor prima di vederla, riavverte dopo tanti anni l'antico tremito e la commozione di un tempo, come al momento del loro primo incontro "E lo spirito mio, che già cotanto/ tempo era stato ch'a la sua presenza non era di stupor, tremando, affranto,/senza de li occhi aver più cononscenza, per occulta virtù che da lei mosse, / d'antico amore sentì la gran possanza" (vv:34-39) è lo stesso tremebondo presentimento della presenza di

Beatrice descritto nella Vita Nuova, ma mentre la realtà decritta nel libro giovanile ha l'evanescenza di una visione, la visione del poema ha la forza e la saldezza di una realtà: Perciò Dante rivive ora la sua passione di un tempo non con l'esangue pallore di quell'adolescenza ideale, ma "con il pulsare veemente della sua virilità provata dalla vita." Mai Beatrice è stata così viva, mai come ora il lettore ne coglie la suadente e sensuale fisicità. "conosco i segni de l'antica fiamma"(v:48):mai come ora Beatrice esercita tutto il suo potere fisico, è la sua prossimità fisica, la sua epifania a scatenare in Dante le reazioni più drammatiche.

Ed è a questo punto che Virgilio scompare, quasi senza lasciare traccia per lasciare posto a Beatrice come nuova guida del poeta. Tutti i maggiori critici hanno giustamente osservato la grande intensità con cui Dante eleva proprio qui la sua storia personale intrisa di miseria e grandezza pascaliane quasi a emblema di ogni destino umano: qui viene allo scoperto il nutrimento di tutta la Commedia, fatto personale di un uomo che porta su di sé il senso della vita del mondo:la straordinaria bellezza, infatti, di queste pagine non sta solo nel commosso e struggente ritrovare( la donna tanto amata) e lasciare(l'amato padre Virgilio), quanto nel consegnare al lettore quel sentimento intatto e vivo e nello stesso tempo rilanciarlo verso l'ulteriorità di senso: l'umano inscritto nel divino, il transeunte nell'eterno...Dante, col suo carico di dolore e di amore, sofferti nel tempo, presentisce e anela quell'ultraterreno che gli è ugualmente costitutivo ma che non può raggiungere se qualcuno non lo viene a prendere...Fiducia totale nella coincidenza dei due piani dell'essere che già Platone aveva colto impressa nell'animo umano...

E mai come ora Beatrice perde i suoi connotati divini…E' come se fosse il nuovo Virgilio, la nuova coscienza e umanità di Dante…Solo la Beatrice della Commedia parla, è personaggio vivo e vivente; è come la bussola nella tempestosa navigazione della vita, non è più l'aiutatrice lontana, ma la salvatrice presente...è una svolta suprema rispetto alla Vita Nuova che da idolo fa di Beatrice il nocchiero, l'ammiraglio della vita del poeta, e come tale già i primi 50 versi del canto ne preannunciavano la discesa sotto il segno della potenza, non sentiero idillico ma strada severa e solenne.Questa scena è il punto fermo della storia poetica e umana di Beatrice e del suo poeta...storia poetica e storia di vita: perchè i rimproveri di Beatrice e la confessione di Dante hanno toni e accenti che non possono non avere un fondamento di realtà.
E il passaggio dall'una all'altra vita dell' anima, dall'una all'altra madre è profondamente doloroso…E' un momento di alta poesia quello in cui Dante piange l'amato Virgilio, pur avendo finalmente di fronte la donna tanto attesa…con Virgilio se ne va la sua stessa vita vissuta fino a quel momento, e il doloroso strappo permea di sé i tristi versi,dove risuona tre volte il nome di chi è rimasto indietro, irraggiungibile, come l'amata Euridice agli occhi di Orfeo.

Comincia ora il secondo nucleo del canto: tra la perdita e il ritrovare c'è come una sospensione, una pausa in cui Dante resta solo: Beatrice infatti gli appare giudice altero e severo, non ancora dolce guida .Egli sta ancora piangendo Virgilio che lei lo esorta a un pianto ben più amaro per i suoi errori dietro le cose fallaci…E' il duro momento in cui si varca veramente il limite…La requisitoria di Beatrice è inflessibile e spietata; niente è risparmiato all'autore protagonista che qui assume su di sé tutto quel carico di accuse e lacrime…perchè la bellezza folgorante di questi versi è data proprio dal contrassegno delle lacrime di Dante che sembrano raccogliere tutto il dolore delle anime perse e le lacrime delle anime del Purgatorio...non si può varcare il limite -rappresentato dal Lete, il fiume dell'oblio- senza pagare un pedaggio di lacrime e sospiri, uno scotto...Il pianto di Dante, che grande forza emotiva esercita sul lettore, sembra quasi in presa diretta: al di là di quel pianto, al di là di quel fiume c'è la seconda vita, c'è la fine della dolorosa solitudine, c' è Beatrice...


Quando, poi, nel canto successivo Dante alza il volto per guardare Beatrice e la intravede, pur velata e lontana, molto più bella di quella antica che ricordava, avverte la più profonda puntura del pentimento e perde i sensi( come dopo l'incontro con Francesca nel V canto dell'Inferno , i due soli casi in tutti il poema...)E' necessario lo spezzarsi del cuore del pellegrino per varcare il limite tra i due mondi…

Ma ora Dante è degno di passarlo..Finalmente Beatrice si disvela, così che Dante possa fruire di quel volto che è, esso stesso, splendore di viva luce eterna
E, nelle parole con le quali il poeta canta quella bellezza ritrovata: " O isplendor di viva luce eterna" ( Canto XXXI° v.139 ) vibra già tutta la poesia del Paradiso, Paradiso che altro non è se non gli occhi e il sorriso di Beatrice( come dimenticare l'affermazione di Dante nel Convivio secondo la quale l'anima della donna ha due balconi, due luoghi privilegiati a cui si affaccia: gli occhi e la bocca !)


Dunque, l'analisi dell'incontro tra il poeta-pellegrino e la donna tanto amata, centro ideale di tutto il poema, rende pervicace e inoppugnabile il convincimento che l'esperienza umana e poetica di Dante si inscrive tutta sotto il segno di AMORE...tutta la vita del poeta si spende nel rendere ragione a sè e agli altri di questa grandiosa arcata esistenziale e poetica: dalla prima apparizione di Beatrice( quando i suoi sensi dissero Iam apparuit vestra beatitudo) al saluto finale, alla fine del Paradiso, quando Dante le rivolge la commossa e appassionata preghiera in cui palpitano tutta la riconoscenza per il bene ricevuto e lo strazio per il necessario congedo( ), è ben chiaro al lettore che tale amore è una vera domanda di significato, una interrogazione esistenziale che proprio nei canti finali del Purgatorio dischiude e disvela pienamente il suo orizzonte quotidiano, sentimentale e nello stesso tempo ultimo, definitivo, trascendente...lo storico, il contingente si inscrive e vive nell'eterno...
La requisitoria inflessibile di Beatrice, che mai come ora appare al poeta viva , è una vera palinodia dell'erranza amorosa: per ritrovarla nella pienezza del suo significato, in qualità di dono gratuito inviato da Dio al poeta, di forza platonicamente demonica che risolleva alle visione iperuraniche il viandante stanco e smarrito, era necessario smarrirsi, scartare, rinunciare, mettere da parte, resistere e respingere tante specie di amore per ritrovare il bandolo, il filo della propria esistenza...

Quelle parole dure ricapitolano una volta per tutte il senso ultimo del destino di Dante, un destino d'Amore, una vita sotto il segno di Amore: non per nulla Beatrice cita esplicitamente la vita nuova del poeta (questi fu tal, ne la sua vita nova...ch'ogne abito destro/ fatto averebbe in lui mirabil prova) e, "nell'accenno ingelosito ad una pargoletta che avrebbe sviato il poeta dopo la sua morte, sembra proprio accennare, sotto quest'unica etichetta, alle svianti presenze femminili delle rime, ora però rifunzionalizzate all'interno di una vita drammaticamente sofferta e ricondotta al suo termine di salvezza."

 

 

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